Percorri il Lazio
Prova la tua nuova esperienza di visita nei luoghi della cultura del Lazio. Scegli il tuo phygital tour: esplora la mappa, i Virtual tour, scarica le APP e lasciati condurre da uno storytelling ricco di contenuti inediti.
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Il progetto di digitalizzazione del materiale archivistico della Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia ha dato avvio a quell’opera di preservazione dei volumi d’archivio che è un dovere scientifico e morale portare a compimento. La conservazione delle visite pastorali, nello specifico, è fondamentale, poiché si tratta di testimonianze dirette che fotografano il passato e ce lo restituiscono nel presente, fissandolo ai giorni nostri e proiettandolo verso il futuro, fornendoci informazioni cruciali ai fini della ricostruzione storica. Per questo la scelta delle visite da digitalizzare è ricaduta su quei volumi che hanno supportato la ricerca condotta per il progetto Sulle tracce di Sant’Agostino. È nelle visite pastorali dei Vescovi Gasparo Cecchinelli (1652) e Paluzzo Paluzzi Altieri Degli Albertoni (1667), infatti, che si riportano notizie riguardanti quei siti che rappresentano una memoria ancora esistente della tradizione eremitana. Non solo l’eremo della Santissima Trinità di Allumiere, ma anche riferimenti al sito scomparso della Fontanella, l’attuale località “Le Villette”, con le importanti notizie circa l’esistenza di epigrafi che già allora focalizzavano l’attenzione su Sant’Agostino e sulla sua permanenza nel territorio della Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia, quando ancora era Diocesi di Montefiascone-Corneto. Grazie a queste visite è possibile conoscere eventi, storie di persone, lo stato e l’evoluzione dei luoghi sacri, con le trasformazioni che nei secoli subiscono e i motivi che eventualmente ne determinano la scomparsa. Caratteristiche proprie del progetto e che sono state ampiamente approfondite durante la sua realizzazione, anche grazie alla consultazione di quelle stesse visite pastorali. Si è pensato, pertanto, di metterle a disposizione dell’utente e del visitatore che si immerge nel viaggio alla ricerca di Sant’Agostino, per fornirgli una conoscenza ancora più completa. Un progetto nel progetto, un cammino fisico e virtuale che viaggia in parallelo con un altro cammino che è anche di conoscenza e sapere, attraverso l’uso della documentazione utile. Chiunque vorrà usufruire di questa interessante novità, dovrà inoltrare una semplice richiesta all'Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi.

La Biblioteca “Carlo Manzia, sJ” del Pontificio Collegio Leoniano è una raccolta di libri, ma non solo: è una biblioteca universitaria specializzata in scienze religiose, ma è anche uno spazio da visitare attraversando i grandiosi ambienti del Collegio anagnino. Frutto della visione colta di papa Leone XIII e dell’impostazione dei Gesuiti, che diressero il Leoniano fino al 1984, è inoltre il punto di inizio per un viaggio inaspettato tra i saperi. Ai libri conservati sugli scaffali delle aule storiche corrispondono, infatti, laboratori di applicazione delle conoscenze e collezioni illustrative. Pertanto, ciò che si può leggere, si può vedere, si può toccare, si può usare: si tratta di saperi tesi ad un episteme abilitante e interdisciplinare. Oggi, di fronte alla specializzazione e alla specificità delle competenze, la coesistenza di tanti ambiti tematici e di macchine, animali impagliati, reperti archeologici, monete, fossili, minerali, polveri e rocce produce un effetto da wunderkammer. Eppure, libri, raccolte e laboratori concorrevano all’esperienza di unità e organicità degli studi a cui erano avviati i seminaristi. Nasce da qui l’idea di dedicare per la prima volta un portale alla Biblioteca in grado di mostrare nella sua architettura e di raccontare nelle singole pagine l’intera articolazione dei saperi e la loro interconnessione, con contributi multimediali e link a ulteriori risorse, come i cataloghi e l’accesso al PBE. L’impostazione del sito consentirà nel tempo un approfondimento verticale dei contenuti, mentre già da ora fornisce la possibilità di prenotare una visita attraverso un modulo di contatto.

La Biblioteca "Carlo Manzia, SJ", nata per desiderio di papa Leone XIII, conserva diversi volumi donati dallo stesso pontefice tra il 1900 e il 1903 ad uso dei seminaristi e dei docenti del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni. Alla morte del papa, per sua stessa disposizione, il fondo si è arricchito di altri libri provenienti dalla biblioteca personale; nei decenni successivi il Collegio ha inoltre incrementato la raccolta "leoniana", acquisendo monografie, saggi, serie, studi e documenti che raccontano la vita di papa Pecci e il suo magistero, anche in edizioni non italiane. Così, tra i circa 35.000 volumi della biblioteca, un insieme di opere riguardanti moltissimi ambiti tematici sono riconducibili alla figura di Leone XIII, in parte selezionate proprio dal papa per l’alta funzione educativa dell’istituto seminariale, in parte custodite nel "suo" Collegio in memoria e per omaggio al fondatore. Sfogliare questi volumi è entrare nel pensiero poliedrico del pontefice carpinetano, cogliere l’abbondanza e la varietà delle discipline che lo interessavano, capire la profondità e la modernità degli studi che promuoveva per i giovani aspiranti al sacerdozio, prendere coscienza delle questioni più complesse del suo pontificato e della sua eredità. Con il progetto DUC IN LATIUM è iniziata una fase di esplorazione del fondo librario leoniano, che per la prima volta viene reso disponibile in digitale e diventa un patrimonio vivo su cui innestare nuovi percorsi di valorizzazione. LA DIGITALIZZAZIONE La digitalizzazione ha riguardato 108 volumi dell’Ottocento e del Novecento, scelti per la preziosità delle edizioni, l’eterogeneità delle materie, l’aderenza con la biografia e la produzione letteraria autografa di papa Pecci, l’uso delle lingue europee e del latino, oltre l’italiano. I formati digitali sono stati ottenuti mediante l’uso di uno scanner planetario Metis e metadatati, con l’obiettivo di consentirne la consultazione on line su BeWeB una volta completata la pubblicazione dei relativi record bibliografici; essi costituiscono un’estensione del patrimonio della biblioteca, aumentano la capacità di interrogazione dei testi e permetteranno ancora di avviare ricerche sul magistero di Leone XIII, sui testi della sua formazione, le sue letture, i suoi componimenti poetici, i collegamenti con autori ed editori, la relazione con il territorio della sua Diocesi, a partire dai luoghi natali e dal Pontificio Collegio Leoniano. I LUOGHI DI LEONE XIII ATTRAVERSO I LIBRI In particolare, alcuni libri contengono testimonianze, memorie e fotografie che raccontano l’intramontabile legame tra Leone XIII e la sua terra di origine. I testi descrivono luoghi di famiglia o monumenti di Carpineto Romano: un tuffo in una storia fatta di nobiltà e progresso, attraverso cui si possono capire più profondamente il bagaglio esperienziale del grande pontefice e la sua costante attenzione per il borgo lepino. Per DUC IN LATIUM sono stati selezionati due volumi, con l’intento di ispirare altrettanti percorsi di valorizzazione, uno tra i palazzi, le chiese e le montagne che costituirono gli scenari dell’infanzia e della giovinezza di papa Pecci e uno tra le piazze e le cavità del monte Carpino che ancora oggi ospitano gli elementi di un imponente acquedotto voluto dal pontefice nel 1888. In queste storie si affacciano gli architetti e gli ingegneri che si ritroveranno coinvolti nella costruzione del grandioso edificio del Pontificio Collegio Leoniano.

Tra i vescovi più zelanti e attenti ai bisogni spirituali e materiali dei fedeli della diocesi sabina va sicuramente annoverato il cardinale Andrea Maria Corsini (1776-1795) che fu artefice di una visita pastorale durata quattro anni, i cui atti costituiscono un’opera monumentale, unica ed estremamente accurata, anche grazie alla ricca documentazione allegata. Questi atti furono redatti in duplice copia e sono conservati presso l’Archivio vescovile di Magliano Sabina e presso la Biblioteca Corsiniana di Roma. Per visita pastorale si intende la visita di un vescovo ai luoghi e alle persone della sua diocesi allo scopo, usando le parole del Concilio di Trento, di «propagare la dottrina sacra e ortodossa estromettendo le eresie, difendere i buoni costumi, correggere quelli cattivi e con esortazioni esortare il popolo alla devozione, alla pazienza e all’innocenza». Le visite si svolgevano secondo modalità precise: doveva essere condotta personalmente dal vescovo o, in caso di impedimento, da un suo vicario o un visitatore. Veniva preparata con l’annuncio al popolo il quale era invitato alla confessione e alla comunione sacramentale. Il giorno della visita si accoglieva il vescovo che, celebrata la messa, conferiva la cresima. Successivamente iniziava la visita vera e propria: spesso era preceduta dall’editto di indizione che ne chiariva le finalità e si articolava solitamente in una successione di eventi che tendevano a ripetersi senza sostanziali variazioni. Dapprima l’incontro con il parroco e gli altri ecclesiastici, poi con i parrocchiani e i ragazzi del catechismo, in seguito il sopralluogo alle chiese, nel corso del quale venivano ispezionati gli altari, le sepolture, le reliquie di santi, le suppellettili sacre. Veniva poi effettuata la visita delle cappelle e degli oratori pubblici e privati, delle scuole cattoliche e dei malati. Si proseguiva con il controllo dei registri parrocchiali e dei libri di confraternite. Al termine, il vescovo emetteva i decreti di visita, finalizzati alla correzione o al miglioramento sia della disciplina del clero, sia della gestione dei luoghi pii. Talvolta il parroco o l’amministratore di un luogo pio era tenuto a rispondere ai cosiddetti “quesiti di visita”, ovvero questionari elaborati e inviati ai parroci prima dell’effettuazione della visita. Una volta compilati, i quesiti rappresentavano con grande precisione gli aspetti istituzionali, storici, religiosi, patrimoniali e sociali dei vari enti interessati. Infine, il vescovo era tenuto a redigere gli atti e una relazione alla Santa Sede: tali documenti registravano l’avvenuta visita, indicando successivi obiettivi per la comunità visitata e annotando lo stato degli edifici e delle istituzioni. In Sabina, gli atti delle visite pastorali più accurati furono quelli compilati durante il governo dei cardinali Andrea Maria Corsini e Carlo Odescalchi, i quali descrivono approfonditamente la posizione giuridica delle chiese visitate, danno informazioni sul loro stato di conservazione, sull’amministrazione dei benefici e sulla loro consistenza, elencano le reliquie e le suppellettili. Verificano attentamente i rendiconti e gli statuti delle associazioni, la tenuta dei registri parrocchiali e non trascurano l’aspetto della pratica religiosa. La più completa è notoriamente quella redatta tra il 1779 ed il 1782 per volere del cardinal Corsini, ricca di allegati ed estremamente minuziosa nelle parti descrittive. A partire dal 1779 il cardinal Corsini intraprese la visita che durò nel complesso quattro anni. Il quadro che emerge dai resoconti dei parroci e dagli atti è piuttosto disomogeneo e in generale fotografa un territorio economicamente e culturalmente depresso, anche se non mancano i segnali di una certa ripresa della cura pastorale del clero, dell’attività del laicato, con la puntuale azione di confraternite, e dell’edilizia ecclesiastica attraverso il restauro e la riedificazione di numerose chiese. Lo stesso Corsini volle consacrare la parrocchia dei Santi Cosma e Damiano a Stimigliano, la collegiata di Santa Maria Annunziata a Collevecchio, restaurata nel 1787, e la ricostruita chiesa di Santa Maria della Pietà a Mentana, che consacrò solennemente nel 1788. Interventi che certamente servivano anche a dare un nuovo impulso ai culti cittadini. Il Corsini si dimostrò particolarmente sensibile nei confronti del culto mariano, dando voce a tradizioni locali: riportò l’attribuzione a san Luca evangelista dell’icona di Santa Maria in Vescovio e la prima codificazione scritta della leggenda di fondazione della miracolosa immagine della Madonna della Stella, ritrovata nel 1774 e collocata in una cappella della chiesa di San Giovanni Battista a Tarano. Dietro la visita pastorale c’era un progetto più ampio di riqualificazione dei territori di sua competenza che passava anche attraverso un rilancio dell’immagine della Sabina, con la valorizzazione delle sue bellezze naturali, architettoniche e della sua storia. La visita ebbe inizio nel 1779 e interessò tutti paesi della Sabina. Ne elenchiamo solamente alcuni. I primi borghi a essere visitati furono Foglia, piccolo villaggio che si affaccia sulla piana del Tevere in prossimità dell’antico porto fluviale di Magliano; Torri, sulle cui case svetta la mole della parrocchiale di San Giovanni col suo snello campanile; Cicignano, antico borgo tardo medievale che conserva la sua caratteristica struttura circolare, con un ingresso solo dal portale principale e la piazzetta su cui prospetta la chiesa; Collevecchio, elegante paese che nel XVII secolo divenne sede del governo della provincia sabina e ancora Stimigliano, antico castello che controllava il Tevere. L’anno successivo furono visitate le comunità di Casperia, paese tra i più belli della Sabina; Catino e Poggio Catino, incantevoli borghi edificati all’ombra della torre longobarda; Mompeo, arroccato sulle gole del Farfa, e Montenero, dalla caratteristica forma urbana. Nel 1781, fu la volta di Cantalupo dominato dalla chiesa di Santa Maria e dal Palazzo Camuccini; Cottanello, suggestivo borgo arroccato sulla roccia granitica; Fianello, oggi suggestivo borgo fantasma alle porte dell’Umbria; Montasola, paese tra i meglio conservati con strette viuzze, circondato da folti boschi; Montebuono, che vanta una storia antichissima; Palombara, dominata dal castello Savelli con la sua alta torre e le stupende chiese; Roccantica, antico borgo posto sui pendii ripidi dei monti sabini, e circondato da magnifici e rilassanti boschi tra le cui viuzze si nascondono interessanti sorprese; Tarano che nasconde uno scenario medievale unico con le sue case torri e le dimore in pietra su cui svetta la possente chiesa parrocchiale. Infine, nel 1782, Magliano, sede della cattedrale e un tempo fiorente città che controllava un importante porto sul Tevere, e Monterotondo, elegante borgo abbellito dagli Orsini e dai Barberini.